Scoperti microcellulari in cella a Larino e San Cataldo: primi casi del nuovo reato

ott

23

2020
Applicata per la prima volta la norma penale sui cellulari in carcere
Applicata per la prima volta la norma penale sui cellulari in carcere

Ora quei piccolissimi apparecchi possono costare cari. Per il microcellulare nascosto all’interno di una camera di pernottamento del carcere di Larino e per i due rinvenuti nella Casa di circondariale di San Cataldo, sette detenuti rischiano da 1 a 4 anni che si aggiungerebbero alle condanne che stanno scontando.

Sono stati gli agenti della Polizia Penitenziaria in servizio negli istituti a rinvenire i microcellulari durante le operazioni di perquisizione e controllo: in quello molisano la cella era occupata da un solo detenuto mentre la camera dell’istituto siciliano ne ospitava sei.

Sono questi i primi due casi in cui verranno applicate le norme previste dal Decreto-legge 130 del 21 ottobre 2020 che ha introdotto la nuova figura di reato che vieta e sanziona l’introduzione di telefonini all’interno degli istituti penitenziari. Per chi introduce o detiene all’interno del carcere telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione la pena va da 1 a 4 anni. L’ipotesi si aggrava se a commettere il fatto sia un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato: in questi casi è prevista la reclusione da 2 a 5 anni.

La nuova fattispecie di reato, fortemente voluta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per contrastare il crescente flusso di dispositivi utili alla comunicazione con l’esterno, modifica la previsione che fino ad oggi puniva come illecito disciplinare l’introduzione del dispositivo o la detenzione in carcere.

Per i sei indagati del rinvenimento nel carcere di San Cataldo, ai quali è stata contestata la nuova fattispecie di reato prevista dal 391 ter c.p., il pm ha già convalidato il sequestro e delegato alla Polizia Penitenziaria le indagini.