Vivicittà in carcere e un meteo ‘pazzo’: “Per noi c’è il sole anche se piove”

mag

08

2019
Il "via" della gara podistica
Il "via" della gara podistica

 

“Tutto passa”: è uno dei tanti pensieri scritti su un cartellone al tavolo per la distribuzione dei pettorali. La cornice non è esattamente la stessa di una corsa podistica come tante. E’ Vivicittà, “la corsa più grande del mondo” come è stata definita, manifestazione podistica organizzata dall’Uisp, che dopo aver invaso le strade di tutta Italia, prosegue nelle carceri col suo messaggio di sport e solidarietà. Domenica 5 maggio a Roma si è tenuta Vivicittà nel Nuovo Complesso di Rebibbia maschile: una non competitiva di quattro chilometri e la competitiva di 12 chilometri.

L’Uisp promuove con continuità attività sportive nell’istituto penitenziario romano, attività di calcio e pallavolo che aiutano a mantenere stretto il contatto tra corpo e mente. Tante attività che proprio in occasione di Vivicittà vivono una giornata particolare: tutti insieme al via, atleti che sono entrati per l’occasione, circa un centinaio e altri che sono all’interno del penitenziario. Con un record, quello delle iscrizioni: sono infatti 150. Oltre al personale della Polizia Penitenziaria che ha garantito il regolare svolgimento della manifestazione, ci sono gli operatori, i volontari e i dirigenti Uisp. La giornata è di quelle inospitali, col vento freddo che spazza il percorso ricavato all’interno dell’Istituto: due chilometri da ripetere alcune volte.

Nella zona della partenza il clima diventa sempre più festoso, nonostante la pioggia. Uno dei partecipanti, assieme a tre compagni, riflette: “Una giornata che ti ‘stacca’ dalla realtà e la realtà è che siamo ‘chiusi’… Oggi è una giornata di libertà  e per noi c’è il sole anche se piove”. Si fatica a distinguere gli atleti esterni e quelli interni, in molti indossano le maglie azzurre e verdi di Vivicittà, con uno slogan che è un programma: “Sembra sempre impossibile farcela finché non ce la fai”.

Si fanno le dieci, la pioggia si placa e allora: pronti, via! Il serpentone dei partenti è lungo e colorato, i primi ad arrivare sono gli atleti della quattro chilometri, poi quelli della dodici, la competitiva, che è vinta ancora una volta da Mirko A., in 51’01”. Nelle posizioni d’onore ci sono Roberto C. e Giampaolo S.. La pioggia riprende e le premiazioni si svolgono sotto la tettoria di un edificio. Si sta ancora più vicini perché lo spazio per ripararsi è poco. Tutti insieme: atleti interni ed esterni, organizzatori dell’Uisp e personale dell’amministrazione penitenziaria, responsabili della sorveglianza e volontari. Nelle interviste, le persone sottolineano che lo “sport abbatte le barriere e favorisce la socializzazione”. Persino in un posto così tradizionalmente separato. E sì, perché lo sport significa anche “convivenza e regole da rispettare”, come sottolinea in un’intervista il vicedirettore di Rebibbia Nuovo Complesso, Marco Grasselli.

Con lui si avvicendano nelle premiazioni anche il comandante Luigi Ardini, il commissario Claudio Ronci, l’assistente capo coordinatore Claudio Murro. E poi ci sono i molti e le molte dirigenti dell’Uisp Roma e Armando Stopponi, responsabile attività Uisp Roma e coordinatore nazionale delle sda Uisp. Lo spekeraggio è stato curato con la consueta competenza da Gianni Marchetti, dirigente storico della Fidal.

E’ il momento di andare via e lo sguardo cade ancora sul cartellone con le dediche scritte a pennarello dalle persone detenute: “Da papà: ti amo da morire”.